Descrizione
Care concittadine e cari concittadini, Autorità civili, religiose e militari, Associazioni del territorio e rappresentanti del mondo del volontariato, ragazze e ragazzi presenti: a tutti voi che avete voluto oggi e qui onorare il 25 aprile, nell’ottantesimo anniversario della Liberazione d’Italia, porgo un saluto riconoscente.
Oggi è la Festa della Liberazione, della Pace, della Democrazia, dei Diritti e dell’Eguaglianza.
Un ruolo fondamentale nella lotta di liberazione sappiamo averlo avuto la Resistenza: uomini e donne che scelsero di difendere e di cambiare un paese oppresso da vent’anni di dittatura, sconvolto dalla guerra in corso e dall’occupazione nazista.
Dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943, a differenza di quanto aveva caratterizzato tutti i conflitti precedenti, quando a difendere la patria era chiamato esclusivamente il cittadino maschio iscritto nelle liste di leva, si venne a creare un’inedita convergenza tra generazioni:
ai militari che non si unirono all’esercito tedesco si affiancarono gli antifascisti della prima ora, in molti casi già esiliati o imprigionati dalla dittatura, si affiancarono ragazzi e ragazze nati dopo la Prima guerra mondiale che, seppur educati nelle scuole fasciste, ebbero ben chiaro i torti del regime oppressivo.
La partecipazione delle donne nella Resistenza, anche armata, in ruoli definiti e riconosciuti, fu elemento di assoluta novità in una società ancora rigidamente patriarcale.
La comune militanza nella Resistenza, al di là e al disopra delle differenze di età, di genere, di classe sociale e di militanza politica, consentì a quanti ne fecero parte di condividere valori ed esperienze fondamentali; il comune obiettivo accrebbe la conoscenza e la reciproca fiducia, contribuendo a creare i presupposti per la nascita della Costituzione repubblicana. Quella Costituzione che, scritta dai Padri Costituenti, rappresenta ancora oggi la linea di demarcazione delle nostre libertà, dei nostri diritti fondamentali e delle nostre garanzie.
Noi non siamo qui oggi per celebrare una ricorrenza ma per ricordare uomini e donne, giovani e meno giovani, che hanno dato vita alla Resistenza e che ci hanno lasciato testimonianze indimenticabili di eroismo e attaccamento alla libertà.
Anche noi, qui, nel nostro paese, non possiamo dimenticare chi ha lottato per quei valori: i 60 partigiani faresi ai quali diciamo grazie per il loro coraggio.
Anpi di Fara ha raccolto un’ampia documentazione su di loro e per questo lavoro storico ringrazio di cuore.
Fra i partigiani mi piace ricordare Rita Mapelli, staffetta partigiana e unica donna farese della resistenza attiva e il comandante partigiano Arturo Moretti che seppe trarre dall’esperienza partigiana un efficace impegno istituzionale nella nostra comunità.
Non possiamo inoltre dimenticare i militari che, dopo l’armistizio dell’8 settembre, non si assoggettarono alla repubblica sociale di Salò subendo, per questa scelta, la prigionia nei campi di concentramento.
Non possiamo dimenticare il grande sacrificio di eserciti alleati che combatterono in Italia per ricacciare l’invasore tedesco.
Infine, con grande deferenza dobbiamo ricordare i nostri partigiani martiri; giovani vite immolate per la nostra libertà:
Luigi Caglio, Renzo Pirotta, Carlo Alberto Crespi, Abele Crespi, Carlo Mozzi
La Resistenza, lo sappiamo, fu guerra patriottica, fu una guerra civile. Il filosofo Norberto Bobbio ha scritto che in una guerra civile ogni parte ritiene di avere diritto di vita e di morte senza limiti nei riguardi del nemico. Ciò però non giustifica qualsiasi azione: le azioni di guerra, non possono essere giudicate esclusivamente in rapporto alle convinzioni che le motivano.
Solo l’etica della responsabilità giustifica le azioni di guerra motivando il ricorso alle armi; fra esse la difesa della libertà e del diritto all’autodeterminazione e la difesa nei confronti dell’aggressore. In guerra, tanto più in una guerra civile, la violazione dell’etica della responsabilità può talora avvenire da ambo le parti, ma non si possono mettere sullo stesso piano occupante e occupato, aggressore e aggredito.
Anche oggi assistiamo a guerre di aggressione nel mondo; aggressioni che negano la dignità stessa di nazione ai popoli aggrediti.
Ancora una volta la guerra reca con sé dilemmi tragici e scuote le coscienze: da un lato la necessità di porre fine quanto prima a morti e distruzione, dall’altro il diritto alla resistenza e all’autodeterminazione.
La storia, purtroppo, si ripete, e non è vero, come da più parti osservato, che sia “magistra vitae”! Non lo è anche perché la si studia troppo poco; se oggi ancora troppe persone considerano la Festa della Liberazione un argomento divisivo, se non condividono gli ideali antifascisti, se non riconoscono che la costituzione repubblicana è profondamente antifascista, significa che ancora non si conosce pienamente cosa sia stato e cosa sia il fascismo. E’ necessario conoscere, conoscere ciò che è stato per affrontare le sfide del presente, consapevoli che solo una salda comunione di intenti, alimentata dagli alti ideali che, scaturiti dalla lotta di Liberazione, animano la nostra Costituzione, ci consentirà di affrontare con speranza e coraggio il futuro, un futuro che trovi nell’Europa unita il seme per indirizzare il mondo verso il traguardo della giustizia e della pace.
Da ultimo, come non ricordare, a proposito di pace mondiale, il messaggio dell’amato Papa Francesco; Francesco si è affacciato alla Storia come l’unico leader a livello mondiale che si è opposto alle catastrofi delle guerre e lo ha fatto rivendicando le ragioni del diritto e della giustizia; di quel patrimonio morale che aveva fatto balenare, dalle tenebre della Seconda guerra mondiale, la visione di un’umanità liberata per sempre dal ricatto della violenza, dal flagello delle guerre e degli olocausti.
Ricordiamolo dando concreta attuazione alla sua visione di un mondo nuovo ancorato alla legge dell’amore e della concordia fra i popoli.
Viva il 25 Aprile, viva la Resistenza, viva la Libertà e Viva l’Italia
Il Sindaco
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Ultimo aggiornamento: 25 aprile 2025, 13:59